Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento – Commento alla legge 22 Dicembre 2017 n. 219

– Avv. Valeria Vezzosi –

Il consenso informato

La legge 22 dicembre 2017 n. 219, recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, nota col mediatico appellativo di “legge sul biotestamento”, è in vigore dal 31 gennaio 2018 e rappresenta la conclusione di un controverso iter parlamentare in tema di libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche.

Si enuncia, come punto chiave, che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

Ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute (articolo 1, comma 3). Da paziente, viene ex lege consacrato il diritto di essere informato su diagnosi, prognosi, rischi e benefici di accertamenti e terapie, così come sulle possibili alternative; il paziente ha anche diritto a essere informato sulle conseguenze di un eventuale rifiuto (vale a dire, della decisione di non intraprendere) di un determinato percorso di diagnosi e cura o dell’eventuale rinuncia a esso (vale a dire, della decisione di interrompere il percorso).

Il paziente può inoltre “incaricare” i familiari ovvero una persona di sua fiducia a ricevere le informazioni, finanche a esprimere il consenso in sua vece. La normativa introduce quindi una sorta di “potere di rappresentanza” non trascurabile.

Del rifiuto del paziente ad essere informato e dell’eventuale indicazione del “delegato”, deve essere dato atto nella documentazione sanitaria e nel fascicolo sanitario elettronico.

Al comma 4 dell’articolo 1 si prevede che il consenso sia “documentato” in forma scritta (atto a cui, benché finora non previsto ex lege tout court, si fa già frequentissimo ricorso nella pratica quotidiana quantomeno come auspicato scudo giuridico), attraverso “videoregistrazioni” oppure, per le persone con disabilità, attraverso dispositivi che ne consentano la comunicazione..

Al paziente si riconosce il diritto di rifiutare un percorso diagnostico-terapeutico ovvero un singolo atto del trattamento, indicati dal medico per la propria patologia; similmente, egli ha facoltà di revocare il consenso già prestato anche se ciò dovesse comportare l’interruzione del trattamento.

Sono da considerare trattamenti sanitari – di cui è possibile esprimere rifiuto o revoca di consenso – “la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici”.

Formalizzato così il diritto a rifiutare le cure e attesa l’imprescindibilità del consenso, qualora il paziente esprima il rifiuto o la revoca a trattamenti necessari alla sopravvivenza, il medico prospetta le conseguenze del diniego a trattamenti “salva vita”, promuovendo ogni azione di sostegno al paziente, compresa quella psicologica e – da lettura congiunta con l’articolo 2 – le forme per alleviare le sofferenze mediante terapia del dolore e cure palliative, inclusa la sedazione palliativa profonda continua.

Da precludersi un’interpretazione della norma che traduca il rifiuto delle cure in potenziale abbandono terapeutico.

Esaurita anche questa fase di comunicazione, “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale”.

Il paziente, dal canto suo, “non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.

La norma impone sì al medico il rispetto della volontà del paziente, ma afferma anche che egli non abbia nessun obbligo professionale a fronte di richieste contrarie alla legge.

La normativa ha disciplinato anche i casi di emergenza/urgenza, in cui la precipitosità peggiorativa delle condizioni cliniche può non lasciare spazio alla comunicazione con il paziente. Il comma 7 dell’articolo 1 dispone che il medico e il personale sanitario “assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”.

Le disposizioni anticipate di trattamento

Il disponente può enunciare i propri orientamenti sui trattamenti sanitari che vorrebbe – o meno – che gli venissero approntati.

I requisiti per l’enunciazione delle disposizioni anticipate di trattamento (di seguito “Dat”) sono i seguenti:

-la capacità del disponente: egli deve essere un soggetto maggiorenne e capace di intendere e di volere;

-il momento in cui il soggetto può esprimere le proprie disposizioni: “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi”;

-l’informazione: “dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte”.

Ogni disponente può scegliere se formalizzare le Dat in maniera generica ovvero analitica, anche con un proprio scritto “a testo libero”. Le Dat, per pazienti con condizioni fisiche non permissive, possono essere espresse con videoregistrazione o altri dispositivi che consentano al soggetto di comunicare.

È auspicabile il coinvolgimento informativo sia del personale medico specialistico sia dei medici di medicina generale.

Il disponente ha facoltà di indicare una persona di sua fiducia, di seguito denominata “fiduciario”.

La “nomina” del fiduciario è dunque una facoltà del disponente (al comma 4 si disciplinano i casi in cui le Dat non contengano l’indicazione del fiduciario), ma la norma non pare prevedere la possibilità della sola indicazione del fiduciario, in assenza delle disposizioni.

Il fiduciario designato, anch’egli soggetto maggiorenne e capace di intendere e di volere, accetta l’incarico sottoscrivendo le Dat del disponente oppure con un atto successivo che viene allegato alle relative Dat; il fiduciario può rinunciare per iscritto alla propria nomina (e di ciò viene data comunicazione al disponente), così come il disponente può revocare l’incarico al fiduciario senza doverne motivare le ragioni.

La scelta del fiduciario è, ovviamente, strettamente personale.

Si consiglia di considerare le caratteristiche di longevità o di vicinanza geografica della persona di fiducia che si vuole incaricare.

Evidentemente, il fiduciario deve essere a conoscenza delle volontà del disponente: in tal senso, la legge prevede che il fiduciario, oltre ad accettare la nomina sottoscrivendo le Dat, ne riceva una copia. Se il fiduciario non è indicato, le Dat mantengono comunque la propria efficacia e, “in caso di necessità” (articolo 4, comma 4) il giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno.

Il medico è tenuto al rispetto delle Dat senza rischio di incorrere in “responsabilità civile o penale”.

La legge prevede tre circostanze in cui le Dat “possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario” e, in caso di conflitto tra fiduciario e medico, la decisione è rimessa al giudice tutelare: “qualora esse appaiano palesemente incongrue”, “non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente”, “sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.

Le Dat devono essere redatte per atto pubblico, per scrittura privata autenticata oppure per scrittura privata consegnata di persona dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del proprio Comune di residenza; esse sono esenti da obblighi di registrazione, imposte e tributi.

Alcuni Comuni (tra cui, quello milanese) hanno attivato un apposito sportello ove il disponente può presentarsi con le proprie Dat in busta chiusa e un valido documento di identità.

Il Comune di residenza del disponente, ai sensi di legge, riceve le Dat del disponente e “provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito”.

Ne deriverebbe che nel registro verrebbe annotato il fatto che un soggetto ha consegnato le proprie Dat e l’eventuale nominativo del fiduciario.

Pare dunque che, in caso di emergenza o di urgenza, il registro delle Dat possa consentire (solo?) di risalire al fiduciario, che detiene una copia delle Dat.

E’ lasciata al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili.

La legge 219/2017 ha ampliato senz’altro il mondo delle libertà personali, introducendo il diritto di autodeterminarsi nelle scelte in campo di salute personale.

La normativa impone chiarezza fra medico e paziente sulle opportunità di guarigione.

Sembra tuttavia prematuro parlare di legalizzazione dell’eutanasia per la quale sarà necessario l’introduzione di una normativa che ne disciplini presupposti e modalità.